NipPop x FEFF25 – “Where Spring Comes Late”

NipPop x FEFF25 – “Where Spring Comes Late”

L’attrice, cantante e doppiatrice Baishō Chieko è stata la star indiscussa della venticinquesima edizione del Far East Film Festival, dove ha ricevuto tra grandi applausi il Gelso d’Oro alla carriera. Tra i suoi film proiettati al festival, Where Spring Comes Late (1970) del regista Yamada Yōji è un capolavoro assoluto del cinema giapponese della fine del XX secolo, restaurato e mostrato nuovamente al pubblico del FEFF25 al Visionario. 

Film cult del cinema giapponese che vanta alcuni dei premi più prestigiosi attribuiti dalla critica, Where Spring Comes Late di Yamada Yōji vanta un cast di tutto rispetto. Diversi attori sono molto noti in Giappone grazie ai ruoli ricoperti nella storica serie Tora-san: la già citata Baishō Chieko, ma anche Ryū Chishu e Atsumi Kiyoshi, che figurano fra gli interpreti principali.

La storia narra del viaggio compiuto da una famiglia in condizioni economicamente disagiate originaria del sud del Giappone, della piccola isola di Iōjima, nella prefettura di Nagasaki che, dopo la chiusura della miniera di carbone dove lavora il capofamiglia, decide di migrare verso l’estremo nord, l’Hokkaido, per iniziare una nuova vita.

Il dramma, ambientato negli anni Settanta, ci riporta con grande nostalgia in un Giappone passato dove le vedute e gli scorci che si intravedono dai finestrini del treno ci immergono nell’immaginario di un paese già al centro del tragitto verso la modernizzazione.

Tra le tappe del percorso compiuto da questo nucleo famigliare, composto dal padre Seiichi (Igawa Hiyashi), dalla moglie Tamiko (Baishō Chieko), dall’anziano nonno paterno Genzo (Ryū Chishu) e dai due figli piccoli della coppia, sicuramente l’Expo di Osaka rappresenta uno snodo fondamentale: un avvenimento nevralgico per la loro storia famigliare, ma soprattutto un evento iconico per il Giappone contemporaneo. Infatti, l’Esposizione Universale di Osaka del 1970 racchiude in sé tutte le aspirazioni di un paese che ha appena superato le crisi e le paure della guerra, nonché del conseguente bombardamento atomico, e che è pronta a mostrarsi sulla scena internazionale come una potenza moderna ed economicamente fiorente.

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Tuttavia l’Expo di Osaka non segna solo un prima e un dopo nella storia del paese, ma nel film diventa anche un momento che innescherà un passaggio profondo nella vita dei personaggi, evidente grazie all’interpretazione di Baishō Chieko, che con grande maestria e straordinaria espressività riesce a convogliare la sofferenza profonda dovuta a una grave perdita.

Il viaggio non è quindi solo uno spostamento fisico vissuto dal e nel corpo, ma è soprattutto un viaggio nell’interiorità, una trasformazione costante delle quotidianità che si trova ora più che mai su un binario con solo due possibili soluzioni: continuare il viaggio e raggiungere la meta di questa migrazione interna, oppure tornare indietro nel luogo natio, il furusato. 

Di grande impatto visivo è dunque la scelta di inserire anche delle scene di flashback, come per esempio il momento dell’incontro tra i due innamorati e del loro successivo matrimonio cristiano (la religiosità ritorna diverse volte nel corso della storia), oppure la scena toccante che inquadra un episodio di grande dolcezza, quando Genzo, ancora giovane, in tenuta da lavoro da minatore abbraccia i due figli maschi ancora bambini che gli corrono incontro.

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Ritornando al viaggio nel territorio, non privo di ostacoli fino a trasformarsi in una sorta di odissea, esso è accompagnato da un apparato visivo e da un montaggio di grande impatto. Infatti, l’incessante movimento della famiglia da una tappa all’altra è scandito e interrotto da momenti che alternano scene ambientate nelle località di sosta a scene girate all’interno del treno. Il treno alta velocità, lo shinkansen, assume proprio in questo caso un ruolo centrale nella costruzione dell’immaginario della modernità, sia localmente che a livello globale. La scelta stilistica vincente del regista è stata poi quella di mostrare il paesaggio che si vede al di fuori del mezzo e il modo in cui tale paesaggio si trasforma e cambia. Partendo dal sud veniamo quindi catapultati nei paesaggi più selvaggi e costieri dell’arcipelago, per poi addentrarci verso il centro dove gli elementi che caratterizzano le metropoli rispecchiano una sorta di modernità che ha trasformato la geografia del paese, per poi, infine, raggiungere la parte più a nord, dove grandi distese bianche e foreste immense coperte da uno spessa coltre di neve aspettano i protagonisti.

Per concludere, Where Spring Comes Late è un film sicuramente da recuperare e siamo lieti che anche quest’anno il FEFF abbia contribuito a portare sul grande schermo a Udine capolavori più datati ma che esercitano ancora un grande impatto e racchiudono un valore profondo, capace di far sognare un pubblico intergenerazionale: da una parte riportando gli spettatori alla nostalgia in maniera delicata, mai forzata, dall’altra stuzzicando l’immaginazione su un Giappone diverso.

 

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