Eden, il primo original net anime di Netflix

Eden, il primo original net anime di Netflix

Eden, la prima serie tv anime giapponese originale Netflix, etichettata come ONA, ossia concepita per essere diffusa solo come streaming video su internet e Web TV, esplora un lontano futuro nel quale l’umanità si è estinta. O almeno così sembra.

Eden, miniserie in quattro episodi, fa parte del progetto di Netflix di proporre sempre più anime originali esclusivi. Già ad aprile 2021 abbiamo visto arrivare Lo Yakuza casalingo e molti altri si annunciano.

La data di uscita della serie era inizialmente prevista ad aprile 2019, ma poi è stata posticipata alla fine del 2020. A causa dell’emergenza sanitaria, l’anime è approdato sulla piattaforma streaming solo il 27 maggio 2021. La produzione vede la partecipazione di due figure di rilievo quali il regista di Fullmetal AlchemistBrotherhood Yasuhiro Irie e il character designer, nonché direttore delle animazioni, di Cowboy Bebop, Toshihiro Kawamoto

Eden - immagine

Justin Leach, alla regia, ha visto concretizzarsi l’opportunità di realizzare questo progetto grazie all’amico Taiki Sakurai, l’attuale Chief Producer per il settore anime di Netflix. Grazie alle loro connessioni e a una serie di fortunate coincidenze, Leach e Sakurai sono riusciti a riunire un team internazionale di tutto rispetto per la creazione della serie. Oltre ai già menzionati Irie e Kawamoto, troviamo Kimiko Ueno alla sceneggiatura e Christophe Ferreira come concept designer dei personaggi, mentre l’autore della colonna sonora è il celebre compositore Kevin Penkin, che ha già firmato le memorabili musiche degli adattamenti animati di Made in Abyss.

Il progetto iniziale di Leach era, in realtà, una pellicola destinata alle sale cinematografiche. Infatti, se consideriamo il minutaggio complessivo della serie che è di circa 100 minuti, è facile immaginare che l’idea iniziale dell’autore fosse realizzare un lungometraggio animato. Non è quindi un caso che l’incipit dell’anime e la resa visiva accesa e colorata richiamano in modo evidente le produzioni dei colossi dell’animazione statunitense come Disney, Pixar e Dreamworks.

La serie è una proprietà interamente Netflix, che ha affidato la realizzazione a Qubic Pictures, studio fondato e diretto dallo stesso Leach, mentre la produzione esecutiva è stata affidata a CGCG, studio giapponese sussidiario della taiwanese Wang Film Productions, azienda storica del mondo dell’animazione nel sud-est asiatico. L’anime, infatti è realizzato interamente in computer grafica, in full-CGI, tecnica molto diffusa nel mercato giapponese.

Inoltre, Netflix ha anche lanciato un gioco per Oculus Quest, Eden Unearthed, disponibile gratuitamente e ispirato all’anime. Dalla serie è anche stato tratto un manga illustrato da Tsuyoshi Isomoto e pubblicato a partire dal 16 febbraio 2021 sulla rivista Young King Ours GHdella casa editrice Shōnen Gahōsha.

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Con Eden ci proiettiamo in un futuro distopico, infatti è ambientato un millennio dopo la scomparsa degli uomini dalla Terra, in una città a forma di cubo chiamata Eden 3, dove i robot sono apparentemente gli unici abitanti e i custodi dell’intero ecosistema. Eden 3 è controllata da Zero, un robot umanoide che, nonostante non vi sia più nessuna creatura vivente sul pianeta a parte gli animali, ha l’obiettivo di uccidere tutti gli esseri umani rimasti in vita, in quanto ritenuti una minaccia da debellare. Per questo motivo, Zero fa pattugliare costantemente i territori alla ricerca di superstiti.

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Il dialogo fra i vari robot avviene tramite un’interazione vocale che ricorda il codice binario finché, un giorno, due robot addetti alla raccolta di mele, E92 e A37 dalla voce rispettivamente maschile e femminile, individuano accidentalmente una capsula che spunta dal terreno. Aprendo la capsula risvegliano da un profondo sonno indotto una bambina umana dai capelli rossi di nome Sara Grace: riconoscendola come tale, attivano il sistema di linguaggio umano e finiscono per farle da genitori.

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Con questo incontro, i due robot mettono in discussione tutto ciò che era stato loro insegnato, ovvero che l’esistenza degli umani è solo un antico mito, un tabù. Gli uomini sono creature ritenute pericolose e malvagie, in quanto colpevoli dei disastri che hanno rischiato di portare alla distruzione del pianeta.

I due androidi decidono di iniziare a prendersi cura della bambina in segreto, nonostante il grave pericolo che corrono, e per proteggerla si allontanano dalla città. Quindi Sara viene cresciuta lontano dal pericolo, all’interno di una comunità di robot che crede nell’esistenza degli esseri umani e nella loro non pericolosità. Dovrà tuttavia affrontare le macchine di Eden 3, in particolare lo spietato Zero, per scoprire la verità sull’umanità e cambiare per sempre le sorti del pianeta.

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Alcuni aspetti di Eden ricordano Nausicaa della valle del vento, ma con un’impronta più tecnologica e moderna, in particolare nel disegno, dove è possibile cogliere una certa somiglianza tra le due figure protagoniste.

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Interessante è anche la caratterizzazione accurata dei vari robot: ci si commuove davanti alle loro reazioni, nonostante la difficoltà di far esprimere loro le emozioni attraverso le espressioni facciali, in quanto macchine e non essere umani. Eden provoca l’emotività con facilità disarmante, facendo leva sui legami familiari, sulle musiche e sulle voci dei personaggi. Questi ultimi due elementi in particolare sono di alto livello e, sebbene i brani cantati siano pochi, riescono ad amplificare i sentimenti ed enfatizzare i momenti importanti. La colonna sonora è potente ed evocativa, in grado anche di compensare le carenze tecniche, per esempio quando Sara intrattiene delle conversazioni e le sue espressioni rimangono pressoché statiche.

La scelta di partire da un futuro lontano in cui l’umanità è introvabile non è certo una novità all’interno del settore dell’animazione. Ad esempio, Netflix ha già proposto una trama simile con Love Death & Robots nell’episodio “I Tre Robot”, dove il mondo perduto della nostra civiltà è una città post-apocalittica da esplorare, dove è possibile trovare solo i resti del passaggio della vita umana. Invece, nell’anime di Yasuhiro Irie, l‘attenzione è rivolta a una natura rigogliosa e verde curata dai robot costruiti dall’uomo, comunicando fin da subito allo spettatore un chiaro messaggio: la specie umana è l’unico vero ostacolo verso un paradiso reale, il cosiddetto Eden che ispira il titolo. Un messaggio che viene ripetuto più volte all’interno della serie, in particolare da Zero: “Gli esseri umani sono superflui in un mondo perfetto”. Anche Sara si chiede: “Pensi che a questo mondo servano gli umani?”. La protagonista, nonostante la sua natura umana dunque, si interroga sull’utilità degli esseri viventi, arrivando addirittura a desiderare di essere un robot.

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A livello narrativo, la trama scorre, non sono presenti sorprendenti colpi di scena, e infatti lo sviluppo è abbastanza prevedibile. Tuttavia, se si presta attenzione a certi dettagli, qualche colpo di scena è presente nel finale, per quanto prevedibile. Nonostante ciò, la nota positiva di Eden è la capacità di affrontare argomenti importanti e contemporanei come l’ecologismo, il rapporto genitore-figlio e la paura del diverso, inglobandoli all’interno della narrazione senza nessuna forzatura. La conclusione appare positiva, anche se il finale rimane vago, dato che gli autori probabilmente volevano lasciar spazio all’immaginazione dello spettatore sul futuro che attende Sara. Così come la storia della protagonista rimane un mistero.

È un anime breve da guardare tutto d’un fiato, adatto a qualsiasi fascia di età che voglia godersi una serie tv basata sui valori tradizionali quali la famiglia e l’amicizia. È proprio la semplicità delle tematiche a creare nello spettatore quella sensazione di familiarità, permettendo allo stesso tempo anche la riflessione su altri concetti altrettanto fondamentali come l’odio per l’altro, che finisce, anche inconsciamente, per provocare solo danni, o la critica agli esseri umani in quanto razza distruttiva che ha portato alla rovina di sé e dell’intero pianeta.

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