Vaporwave: avanguardie di un futuro passato
Fra riferimenti decontestualizzati, jingle remixati e background multicolori la vaporwave cela motivi di interesse che ne fanno uno stimolante oggetto d’analisi. La meme culture è una cosa molto seria, da non prendere sottogamba, e la vaporwave permette di vedere attraverso le estetiche e le ideologie di una realtà solo apparentemente superficiale. Seguiteci in questo viaggio nel passato del genere e nel futuro del suo nostalgico immaginario.
Non solo uno scherzo
Come molti altri fenomeni di Internet la vaporwave si distingue per la nascita delocalizzata, ritrovando la propria contestualizzazione solo nella nicchia che l’ha concepita. Il gruppo ne ha delineato i tratti principali in maniera univoca, il che ne rende l’origine e gli elementi caratteristici del tutto arbitrari. Tale autoreferenzialità permette di mettere in prospettiva tutti gli immaginari, le opere e le culture che il genere manipola dopo averli adeguatamente decontestualizzati, risignificandoli in funzione della sua natura atemporale e alocale.
Esemplificativi sono i numerosi richiami alla cultura giapponese, dall’uso di kanji e kana nei titoli fino ai setting cyberpunk. La vaporwave si appropria in questo caso del Giappone immaginario che molti ragazzi degli anni ’80 e ’90 hanno fruito tramite anime e manga. La natura fantastica di quest’immaginario rende solo più semplice la sua conversione in materiale per la critica nostalgia retrofuturista del genere. Un layer fra i tanti di quella che è una vera propria arte della stratificazione e della lettura fra le righe.
Alle origini del mito
Nel corso del primo decennio del Terzo millennio la perdita da parte dell’elettronica del ruolo d’avanguardia favorisce il successo delle correnti che perseguono la rielaborazione palese della musica precedente. Un esempio è la chillwave, diretta genitrice della vaporwave, che riprende il synthpop anni ’80 in una chiave malinconica e sognante, grazie al rallentamento del tempo e all’uso di distorsioni. Correlato è il cosiddetto hypnoagogic pop, il quale enfatizza le componenti oniriche e l’immaginario surreale alla base di ambedue i filoni. Più che generi chillwave e hypnoagogic pop sono filoni accomunati dalle sensibilità dei singoli artisti.
Meritevole di menzione è anche la hauntology, interpretazione musicale dell’infestazione del presente da parte del passato, che richiama esplicitamente l’omonimo concetto sviluppato dal filosofo Jacques Derrida. Concepisce la distorsione del suono come strumento per conferire alla musica un feeling rétro volutamente inautentico. È la presenza del passato nel presente che impedisce la possibilità di concepire un futuro che non sia legato al passato. Allora è nella creazione di una musica che non si limita a riprodurre sonorità passate ma le trasporta nel presente in maniera critica e demistificante che sta la differenza con altri generi rétro come la synthwave.
Tutto ciò può sembrare troppo concettoso per un mondo di pubblicità remixate e meme con font bizzarri ma è la premessa esplicita dei primi due capolavori del genere. Sia Chuck Person’s Eccojams Vol. 1 di Daniel Lopatin che Far Side Virtual di James Ferraro producono sonorità impossibili che alludono a una futurità (l’elettronica sperimentale) fin troppo contaminata dal passato (l’estetica e i brani campionati). Nel dicembre 2011, a soli due mesi dall’uscita dell’album di Ferraro, Floral Shoppe di Macintosh Plus rappresenta già la quintessenza della vaporwave fin dalla copertina che mescola paesaggi cyberpunk, statuaria classica e caratteri giapponesi.
Zeitgeist
Già a metà dell’anno successivo la vaporwave comincia a spopolare in vari ambienti di Internet, diffondendosi in piattaforme come Reddit e 4chan. Questi siti divengono presto gli alfieri della subcultura vaporwave, mentre la proliferazione del genere si deve alle piattaforme indipendenti di streaming musicale Bandcamp e Soundcloud. Qui il genere si sviluppa, producendo decine di correnti che iniziano a espandersi nella cultura mainstream. Al riguardo bisogna considerare che l’influenza del genere è più estetica che musicale, tanto che tuttora l’ascolto consapevole non è veramente uscito da certe nicchie.
La vaporwave, che rende ipnotici e riflessivi i jingle o i brani più noti e superficiali dell’infanzia, rispecchia molto bene le principali tendenze estetiche contemporanee. Dall’onnipresenza musicale del synthpop all’estetica tutta neon e colori saturi della maggior parte dell’audiovisivo contemporaneo, non serve menzionare la hauntology di Derrida per rendersi conto del predominio degli anni ’80 (e primi ’90) nell’immaginario. Sono tuttavia azzeccate le considerazioni del critico culturale Mark Fisher sul fatto che questo rapporto particolare fra passato e futuro non potesse che essere interpretato al meglio dalla musica elettronica, un tempo avanguardista.
Fra migliaia di artisti vaporwave, nascosti dietro nomi spesso illeggibili e fin troppo rassomiglianti come stile, un act da ricordare è 2814. Questo duo angloamericano rappresenta al meglio la maturazione vissuta dal genere in questa fase. Il passaggio da campionamenti distorti e stratificati alla costruzione di sonorità proprie e riconoscibili passa attraverso il miliare 新しい日の誕生/ Birth of a New Day del 2015. Con un album che fin dal titolo preannuncia il futuro si può dire iniziata la fuoriuscita del genere dalla spesso sterile circolarità di emulazione e distorsione del passato.
Oltre la vaporwave
Dallo stesso anno il genere pare tendere verso nuove direzioni, a volte imprevedibili. Proprio uno dei membri di 2814, Hong Kong Express, è fra gli iniziatori dell’hardvapour, insieme a Wolfenstein OS X. Questo microgenere differisce dalla vaporwave per i riferimenti musicali hardcore e punk e per l’influenza dell’immaginario est-europeo e sovietico. Una direzione ideologica e politica meno ambigua contribuisce a fare dell’hardvapour uno sviluppo significativo della vaporwave. Altre evoluzioni sono il future funk, che incorpora elementi della french house, e la fashwave, che aggiunge tratti synthwave in un immaginario di estrema destra. L’esistenza di correnti variegate come la vaportrap, il mallsoft e la simpsonwave dimostrano la ricchezza interpretativa della galassia vapor.
Germogliato fra Soundcloud e YouTube, questo ecosistema di sottogeneri e ispirazioni è la conseguenza più diretta della natura decontestualizzata della vaporwave. La stessa che le permette di rielaborare ogni genere di contenuto, a prescindere dal medium e dal contesto storico di riferimento. Un’altra implicazione è lo sviluppo di scene vaporwave locali strettamente legate all’immaginario nostalgico anni ’80 e ‘90 del paese in questione. In Italia artisti come GLERE e Sixthclone hanno prodotto molteplici brani che riprendono le più iconiche sigle e pubblicità di quei decenni.
La vaporwave italiana può sembrare ancor più faceta di quella internazionale ma il continuo uso delle réclame dei canali Mediaset finisce per diventare un commento critico alle sorti luminose e progressive promosse dalla “rivoluzione liberale” berlusconiana. Fra Tassoni420 e bim.bum.bam(b). il futuro promesso dal passato si rivela in tutta la sua virtualità e si dissolve in ritmi caldi e lenti, in un presente forse ancora più fragile e per questo infestato dal passato. D’altronde anche Hong Kong Express ha definito la vaporwave un modo di comunicare contenuti seri con un approccio umoristico.
L’impero dei segni: il mondo ai tempi della vaporwave
L’onnipresenza dello stile AESTHETICS certifica la presenza in primo luogo estetica e solo in seconda battuta musicale, della vaporwave nell’immaginario contemporaneo. Tale stile d’altronde evidenzia al meglio i tratti dell’estetica retromane che impera in quasi tutti i media. I colori saturi degli anni ’80, seppur spesso filtrati attraverso le più cupe sfumature del decennio successivo, fanno capolino in moltissime produzioni audiovisive e videoludiche. Da Stranger Things a Cyberpunk 2077 molte delle opere più apprezzate degli ultimi anni sembrano riflettere la nostalgia degli anni ’80.
I mitologici anni della crescita infinita e dell’edonismo senza responsabilità (e del definitivo trionfo del modello liberista statunitense) sono di ispirazione anche in campo musicale. Oltre alla vaporwave e alla synthwave, ci sono l’intramontabile synthpop, il ritorno di un rock più muscolare e un profluvio di sottogeneri. Fenomeni come il chiptune e il nintendocore testimoniano il dominio estetico della retromania non solo nelle grandi produzioni ma anche nelle nicchie più indipendenti. Nonché l’ampiezza spesso sottostimata dei riferimenti culturali che sostanziano l’immaginario nostalgico, dato che il Giappone è molto più presente dei prevedibili Stati Uniti.
Una motivazione può celarsi nella grandiosa crescita economica vissuta dal paese in quegli anni, che ha contribuito alla diffusione internazionale della sua cultura pop. Il Giappone sopra le righe e superficiale propagandato in quegli anni è per europei e americani un oggetto molto più adatto a stimolare fantasie regressive, e quindi sollecitare immaginari nostalgici, rispetto alla più vicina realtà statunitense. Vi è però una nota stonata nel ricorso retromane all’immaginario nipponico: la ripresa del cyberpunk, forse la principale espressione della cultura giapponese di quegli anni. Inglobando all’interno delle fantasie nostalgiche un genere nato come critica del presente tramite la rappresentazione di futuri catastrofici, si predispone lo sviluppo di elementi critici. Come in certe correnti vaporwave.
Il lungo addio
Fredric Jameson ha parlato di “modalità nostalgica” come di un’adesione formale al passato che non è motivata dal contesto e quindi genera un anacronismo. La naturalizzazione di questo paradosso è alla base del carattere interiorizzato e non contestualizzato della nostalgia retromane, spesso concretizzato nella vaporwave. La trasformazione di un passato ben preciso in un sentimento del tempo, vago e quindi utilizzabile da chiunque, viene esplicitata dal genere musicale che muta i ricordi di una presunta età dell’oro in un confuso insieme di oggetti virtuali. La hauntology (in senso filosofico) può quindi dissolversi come fitta nebbia sotto il sole qualora se ne rimarchi l’inconsistenza.
Studiosi come Fisher alludono alle motivazioni che potrebbero aver portato all’apice del successo la retromania negli anni successivi alla grande crisi finanziaria del 2008. Il venir meno delle ultime speranze concrete sul futuro e la necessità del consumo per riavviare il capitalismo in crisi hanno incrementato la definitiva perversione dell’ultimo grande immaginario condiviso, quello degli anni ’80 e ’90. Quest’accelerazione ha prodotto frutti contraddittori, fra i quali la vaporwave è uno dei più evidenti. Nata come scherzo è diventata una cosa potenzialmente molto seria, come accennato nell’introduzione. Chissà se troveremo la via per il futuro fra palme 2D, kana mescolati senza criterio e remix fuori tempo.