Tamagotchi: il must have degli anni ’90

Tamagotchi: il must have degli anni ’90

Il Tamagotchi, icona degli anni ’90, prende il nome dalla crasi tra la parola giapponese tamago, che significa “uovo” e la parola inglese watch. Il simpatico nome si riferisce alla forma del gioco, ossia “uovo orologio”. Tutti coloro che appartengono alla generazione dei millennials, i nati tra il 1981 e il 1996, hanno incontrato durante la loro infanzia il mitico Tamagotchi. Un oggetto elettronico poco più piccolo di una pallina da tennis, che conteneva al suo interno il magico uovo che si schiudeva per dare vita a un tenero animaletto virtuale. Alle elementari, durante le lezioni, puntualmente i miei compagni facevano a turno per chiedere la pausa bagno per dare da mangiare al proprio Tamagotchi: guai dimenticarsene!

Tamagotchi: icona degli anni ’90

Il Tamagotchi è un gioco portatile creato in Giappone da Bandai nel 1996 e distribuito a livello internazionale l’anno successivo. La prima versione, a forma di tamago, presentava uno schermo in bianco e nero con i classici pixel degli anni ’90 e tre tasti da utilizzare per interagire con l’animaletto e prendersene cura. L’animaletto, che assomigliava a un pulcino alieno, doveva essere nutrito e pulito. E ci si doveva giocare, come con un vero animale domestico, altrimenti sarebbe morto. Dato l’incredibile successo, la Bandai non ha mai smesso di produrre l’accattivante gioco, creando un vero e proprio media franchise. Da questa grande intuizione sono nati infatti videogiochi per varie console, una serie animata disponibile anche in inglese e tre film.

La storia della sua nascita

L’invenzione del Tamagotchi si deve a uno spot televisivo e a due sviluppatori dell’azienda giapponese di videogiochi Bandai Namco: Maita Aki e Yokoi Akihiro.  I due avevano visto uno spot che mostrava un bambino in età scolare, disperato perchè non poteva portare a scuola la sua tartaruga. Da lì l’idea geniale di un animaletto domestico sempre a portata di mano: il desiderio di qualunque bambino!

Tamagotchi: un animale in tasca

Quello che davvero affascinava era l’assoluta novità ti questa tipologia di gioco. L’idea di base era prendersi  cura di un animale, che senza le nostre cure sarebbe morto. L’altro dettaglio che lo rendeva un gioco davvero originale era la tascabilità. Essendo di piccole dimensioni e dotato di catenella era un vero e proprio giochino portachiavi. Il Tamagotchi creava  dipendenza. Ricordo ancora che per paura di dimenticarmi di cibarlo lo legavo ai passanti per cintura dei miei jeans, in modo da portarlo sempre con me e nasconderlo alla vista degli insegnanti durante scuola.

Il gameover del Tamagotchi

Il Tamagotchi, come tutti i videogiochi poteva incorrere nel gameover. Se l’animale veniva trascurato, si ammalava, diventava egoista e antipatico, e infine moriva. Il gioco poteva tuttavia essere resettato e subito compariva un altro uovo da cui nasceva un nuovo animaletto di cui prendersi cura, questa volta con più attenzione. La particolarità principale di questo gioco – il gameover dell’animaletto se dimenticato – ha turbato molti ragazzini. Non tutti prendevano la questione della morte del proprio amico virtuale con leggerezza. Sono nati in rete dei veri e propri cimiteri virtuali creati dagli ex-proprietari di Tamagotchi che avevano instaurato un legame intimo con l’animaletto.

Una distorta concezione della morte: le polemiche

Questa distorta concezione della morte ha scatenato numerose polemiche: bastava un tasto reset per far nascere un nuovo animaletto e dimenticarsi velocemente di quello precedente, cosa impossibile nella vita reale. Secondo alcuni sociologi e giornalisti questa funzionalità poteva avere degli effetti devastanti sul rapporto sia con i reali animali domestici sia con gli esseri umani. I bambini per il terrore della morte del proprio “pulcino” virtuale non si separavano mai dal giocattolo, il quale nelle prime versioni non poteva essere messo in pausa. Per ovviare a queste problematiche sociali, molte scuole giapponesi e statunitensi hanno messo al bando il Tamagotchi.  ma, come è normale che succeda tra i ragazzini, questo divieto li spinse a desiderarlo ancora di più.

Il declino

Dopo due anni di incredibile successo, con 15 Tamagotchi venduti al minuto nei negozi canadesi e statunitensi nel 1997, per il gioco tascabile è iniziato l’inesorabile declino. Il gioco ha continuato comunque a essere prodotto dalla Bandai, ma non ha più raggiunto gli incredibili numeri del biennio 1996-1997.

Le cause del declino: realismo e frustrazione

Il progressivo insuccesso è stato causato dai bandi di alcune scuole che scoraggiarono l’acquisto da parte dei genitori, preoccupati che l’animaletto distraesse troppo i figli e distorcesse la loro percezione della vita reale. Un’altra motivazione che scoraggiava l’acquisto era la continua richiesta di attenzioni da parte dell’animaletto, che generava nel proprietario un forte senso di frustrazione. Il problema del Tamagotchi era la sua stessa peculiarità, il suo altissimo realismo: era un animale domestico che non poteva essere abbandonato per lunghi periodi di tempo. La caratteristica che gli aveva garantito un enorme successo è la stessa che lo ha condotto all’inevitabile declino.

L’eterno ritorno del vintage

L’eterno ritorno delle mode passate e del vintage, dovuto alla nostalgia tipica di alcune generazioni, ha influenzato anche il mondo dei giochi. Ne sono un esempio il cubo di Rubik, le console per il retrogaming, le Polly Pocket e i My Little Pony (la nuova versione dei Mio Mini Pony lanciati sul mercato nel 1982). Tra questi grandi ritorni non poteva mancare il gadget più famoso degli anni ’90, il Tamagotchi.

Tamagotchi On: il ritorno

Nel 2017, per festeggiare i 20 anni dalla prima uscita del gioco, Bandai ha distribuito un’edizione celebrativa del famoso guscio, distribuita in Nord America e in Gran Bretagna. Dato il successo dell’iniziativa, nel 2019 è uscito Tamagotchi On, una versione rinnovata e ricca di funzioni inedite. Tra le nuove funzioni figura la possibilità di sincronizzarsi tramite bluetooth con l’app per smartphone e tablet per guadagnare punti Gotchi, incontrare nuovi amici e sposarsi. L’epico bip di allarme, che allertava il “padrone” del cucciolo, è  presente anche in questa versione rivisitata. E una nuova funzione risolve il problema che avevano tutti i ragazzini negli anni ’90: la paura che il “pulcino” morisse di fame. E’ stato introdotto un Tama hotel che per 10 punti Gotchi all’ora si prende cura del  cucciolo. Tuttora la Bandai prosegue nella commercializzazione di uno dei suoi prodotti di maggiore successo e nel giugno 2020 distribuirà una serie limitata dedicata a Evangelion.

Una generazione “diseducata”, ma preparata

Il Tamagocthi, icona degli anni ’90, ha conquistato il cuore di tutti i millenials grazie alla sua assoluta novità: la possibilità di avere un animale domestico sempre a portata di mano. Questo oggetto non si è limitato alla sola funzione di gioco, ma ha insegnato ai bambini cosa significhi prendersi cura di un animale. Ci vogliono impegno e dedizione e la morte è un destino ineluttabile. Le generazioni cresciute negli anni ’80 e ’90 erano concettualmente abituate alle difficoltà della vita, dei sentimenti e dei rapporti umani. Erano cresciute guardando cartoni come Lady Oscar con la sua ambiguità sessuale, Heidi con le sue difficoltà di orfana, e Georgie con il tabù dell’incesto. I cartoni animati giapponesi, con le loro trame surreali e da molti considerate diseducative, ci hanno abituati agli imprevisti della vita mettendoci immediatamente di fronte agli ostacoli del mondo reale. Il Tamagotchi non ha fatto altro che proseguire questa forma di educazione alla vita. Ci ha preparati alla possibilità della morte garantendoci tuttavia una speranza grazie al reset e all’immediata nascita di un nuovo animaletto.

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