Tra Italia e Giappone: la storia delle sigle degli anime dagli anni ’80 ad oggi

Tra Italia e Giappone: la storia delle sigle degli anime dagli anni ’80 ad oggi

Le più famose sigle dei cartoni animati hanno avuto un’importante ruolo nella discografia italiana fino agli anni 2000. Per capire il fenomeno, il suo successo e la sua inevitabile decadenza è necessario riavvolgere il nastro del tempo tornando indietro ai cosiddetti “anni d’oro”. Un viaggio nella storia per scoprire come il nostro paese abbia dato un’impronta del tutto originale e visibilmente differente rispetto al Giappone.

Le case discografiche Fonit Cetra e Five Record

Iniziamo questo viaggio riavvolgendo la macchina del tempo e della memoria. Siamo nel 1978, anno cruciale per l’inizio di un fenomeno destinato a segnare l’inizio dell’animazione giapponese in Italia, definito comunemente Anime Boom. Grazie ai diritti a basso costo delle produzioni nipponiche, le reti RAI e Fininvest riuscirono infatti ad acquistare moltissimi prodotti a prezzi stracciati.

Ufo Robot Goldrake

Il target di riferimento erano senza dubbio i più piccoli: non a caso, gli anime erano inseriti in programmi contenitori come Bim Bum Bam. Per facilitare la comprensione e la memorizzazione dei contenuti (e in parte per diminuire i costi per l’acquisto dei diritti), le due reti principali cominciarono a commissionare alle loro case discografiche delle canzoni ad hoc per ogni prodotto. Le sigle a volte erano semplici cover dell’originale giapponese (Heidi ne è un esempio), oppure prodotti creati da zero appositamente per la messa in onda in Italia. A dare il via al fenomeno è la famosissima sigla di Ufo Robot Goldrake, incisa nel 1978 dal gruppo Actarus sotto l’etichetta Fonit Cetra. Tra i nomi dei membri del gruppo troviamo Vince Tempera e Luigi Albertelli, rispettivamente compositore e autore dei testi, due tra i personaggi più influenti dell’intero genere.

Il duopolio

Nel 1981 Silvio Berlusconi fonda la Five Record, casa discografica del gruppo Fininvest. La popolarità della Five Record vede una rapida ascesa grazie alla pubblicazione della serie Fivelandia, dischi che raccoglievano le migliori sigle di ogni anno a partire dal 1983.

Realizzazioni ad hoc

Come abbiamo detto, lo scopo delle sigle era facilitare la comprensione dell’episodio (e per esteso della sere anime) grazie a una forte orecchiabilità della melodia e dei testi. Ogni genere richiamava una composizione e effetti differenti: chi non ricorda i cori bianchi di Holly e Benji, la melodia settecentesca di Lady Oscar o le ballate degli anime shojo? Anche le voci erano scelte in base al target di riferimento del prodotto: un esempio classico è la voce maschile per gli anime più violenti.

I nomi degli “anni d’oro”

I cosiddetti “anni d’oro” dell’animazione, ovvero gli anni ’70 e ’80, hanno portato alla ribalta moltissimi nomi della musica italiana. Questi artisti, col tempo, hanno fatto delle sigle un vero e proprio genere musicale. Tra i principali esponenti troviamo i già menzionati Actarus, Cristina D’Avena, Alessia Valeri Manera, I Cavalieri del Re, La banda dei bucanieri (altro gruppo del duo Tempera-Albertelli) e, più recentemente, il duo costituito da Giorgio Vanni e Max Longhi.

La stagnazione di un genere

L’appiattimento dell’offerta

Gli anni ’90 sono stati senza dubbio un periodo contraddittorio per il fenomeno delle sigle. Da una parte abbiamo un pubblico ancora più ampio e l’arrivo di nuovi anime, dall’altra abbiamo una diminuzione del numero degli interpreti . Si comincia a parlare di un’appiattimento dell’offerta: l’intera produzione si riduce a pochi nomi che interpretano però numerose sigle. Questa modalità capovolge la concezione che aveva animato le due decadi precedenti, dove il cantante (o il gruppo) veniva scelto in base al genere del prodotto e al target di riferimento; ora, invece, si dà precedenza alla scelta dell’artista indipendentemente dalla tipologia di anime trasmesso.

Cristina D’Avena

Un esempio evidente è il caso di Cristina D’Avena. La cantante ha prestato la voce a numerosissime sigle sin dagli anni ’80, confermandosi come “regina” indiscussa del genere. A partire dagli anni ’90 le sono state commissionate la maggior parte delle canzoni per le nuove messe in onda, con la conseguente riduzione della varietà di gruppi e voci che avevano caratterizzato gli “anni d’oro”.

 

L’utilizzo costante dei “soliti” artisti ha provocato una stagnazione del genere, in forte contrasto con l’idea di produzioni ad hoc che aveva dato via al fenomeno. L’unico criterio che continua a influenzare la scelta dell’artista è il target di riferimento. Un esempio banale può essere la scelta di voci femminili per anime per ragazze, voci maschili per quelli destinati a un pubblico maschile, entrambe per un prodotto adatto a tutti.

L’anison nipponico e il suo arrivo in Italia

Porte aperte al mondo

Gli anni 2000 si aprono all’insegna della globalizzazione. Grazie a canali come MTV in Italia cominciano a essere trasmessi anime molto attesi dal grande pubblico mantenendo l’opening originale. Il genere delle sigle italiane viene quindi affiancato da quello che viene chiamato anison, termine che nasce dall’unione delle parole anime e song, a indicare il genere corrispondente in Giappone sviluppatosi dagli anni ’80. Death Note è forse uno dei casi più celebri, arrivato in Italia con le due openings The WORLD dei Nightmare e What’s up people?! dei MAXIMUM THE HORMONE.

Due processi differenti

Il processo di realizzazione delle opening si sviluppa in un modo che è esattamente opposto a quanto avviene con le sigle. Se in Italia le canzoni vengono realizzate appositamente per l’anime da trasmettere, in Giappone i brani (solitamente J-pop o J-rock) sono prodotti già incisi precedentemente come singoli e solo dopo selezionati per diventare opening. Viene a mancare quindi il legame tra il testo della canzone e le immagini dell’opening. 

L’obiettivo è, grazie alla distribuzione internazionale dell’anime, garantire che la canzone riesca ad arrivare a un pubblico molto più vasto, espandendo il successo del cantante/gruppo. Si cerca quindi di incidere singoli più commerciali e orecchiabili. I volti degli interpreti sono spesso quelli di famosi idol o dei membri di gruppi già ampiamente conosciuti, in modo da attirare un maggior numero di fan e scalare le classifiche nazionali. NICO Touches the Walls, Porno Graffitti e SID sono alcuni tra i gruppi più famosi a livello internazionale, mentre tra i solisti troviamo Kitadani Hiroshi e Yui.

Un fenomeno che non tramonta

Nonostante la controtendenza, il fenomeno delle sigle è ben lontano dal tramonto. Grazie a una popolarità che non si spegne nel passaggio di generazione in generazione, le sigle più famose sono ben lungi dall’essere dimenticate. Alcune di queste  hanno segnato intere decadi, penetrando nei cuori e nella memoria di moltissime persone. Grazie a concerti e social network, le sigle, anche quelle più vecchie, continuano a emozionare grandi e piccini. D’altronde è difficile trovare qualcuno che non legga cantando si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole, tra le stelle sprinta e va!

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