Una vita nuova: Il diario geniale della signorina Shibata di Yagi Emi

Una vita nuova: Il diario geniale della signorina Shibata di Yagi Emi

di Maryorit Ruby Alvarez Napan

Il diario geniale della signorina Shibata è il primo romanzo di Yagi Emi, vincitrice del 36° premio Dazai Osamu dedicato alle opere brevi di scrittori esordienti ed edito in Italia da Mondadori nella traduzione di Anna Specchio. Questo libro è in realtà il diario di una falsa gravidanza, del vuoto che la protagonista ha dentro di sé. Ironico e profondo, ci porta nel vivo della società giapponese, una realtà fatta di solitudine e di persone schive che scompaiono nel via vai dei ritmi cittadini.

 

La protagonista è Shibata, una donna sulla trentina stanca del proprio lavoro, o per lo meno delle “mansioni senza nome” (come lei le chiama) affibbiatele dai propri colleghi d’ufficio: viene dato per scontato che, essendo l’unica donna, sia lei a dover fare il caffè, le fotocopie, riordinare dopo le riunioni e così via. Un giorno, davanti al suo capoufficio, si rifiuta di raccogliere le tazzine di caffè e immediatamente le balena per la testa la scusa perfetta: quella di fingere una gravidanza. Ha così inizio il diario della sua presunta gravidanza, il quale proseguirà fino a dopo la “nascita” del bambino.

In Italia, l’adattamento del titolo è stato Il diario geniale della signorina Shibata, mentre in altre lingue la scelta può sembrare più fedele all’originale, traducendo letteralmente “Diario di un vuoto” (kūshin techō). Il vuoto è un concetto significativo all’interno dell’opera, in quanto permea la vita di Shibata e ciò che la circonda. Si tratta anche di un vuoto simbolico, perché il nome che alla fine sceglierà proprio per il suo figlio immaginario sarà Sorato, scritto con i caratteri di cielo e/o vuoto (空) e di persona (人).

Ho trent’anni suonati e per la prima volta mi accorgo di non sapere una montagna di cose. 

È questa la realizzazione di Shibata nel momento in cui inizia finalmente a vivere la propria vita. Ora che esce prima dal lavoro, può permettersi di cucinare piatti genuini, godersi un bel bagno e persino praticare attività sportiva. A permetterle tutto ciò è la bugia da lei inventata; la gravidanza è quindi per lei un lusso.

Il diario segue passo a passo le settimane di “gestazione”, in cui Shibata escogita delle modalità per portare avanti il proprio segreto, oltre alle sue scoperte e alle nuove conoscenze che incontra. Il personaggio evolve, come se, grazie alla gravidanza, dall’essere una semplice impiegata avesse riacquistato valore come donna e un posto nella società. La scrittrice enfatizza gli imperativi del ruolo femminile nella società giapponese: il dover essere sia una lavoratrice modello, che diventare madre entro una certa età e preferibilmente con un marito accanto.

Quest’ultima questione è infatti oggetto di domande indiscrete da parte di alcuni suoi colleghi, in quanto nessuno si aspettava che proprio Shibata, da non sposata, potesse rimanere incinta. Quando inizia a frequentare il corso preparto, infatti, anche le donne lì subito la interrogheranno su chi sia il presunto padre. Man mano che si avvicina la data presunta del parto, il vuoto va pian piano ingrandendosi. Shibata prende coscienza della propria solitudine abitando da sola; se ne rende conto quando, camminando verso casa, immagina lo scenario di una eventuale rapina. Perdere documenti, chiavi di casa e telefono diventano improvvisamente delle paure fondate, proprio per la mancanza di qualcuno su cui appoggiarsi.

Pensavo che la musica mi piacesse. La metto tuttora dallo smartphone mentre vado in stazione, aspetto il treno o una persona. E in estate sono sempre andata ai concerti. Ma da quando ho più tempo libero mi sento persa: non so proprio come ascoltarla, in questa casa dove non c’è nessuno all’infuori di me.

La donna finalmente prende in mano le redini della propria vita e inizia a farsi domande sul suo stile di vita, prendendosi ora più cura di sé stessa. Nelle passeggiate di ritorno dal lavoro vede il suo quartiere con occhi nuovi, rendendosi conto di cose mai viste prima come la continua fiumana di persone su cui non riesce a posare lo sguardo. In particolare si interessa a Hosono, una misteriosa donna dal cappotto rosso con cui condivide la situazione della gravidanza.

 

 

Incoraggiata dalla convenzione della palestra con l’azienda in cui lavora, Shibata decide di iscriversi al corso di aerobica preparto, dove farà conoscenza di diverse future mamme con le quali si crea una sorta di amicizia, compresa Hosono. Shibata a poco si rende conto di quanto la gravidanza sia un compito difficile e vissuto in solitudine. Tuttavia, il corso le ha permesso di trovare finalmente un gruppo, un posto nel mondo, a cui unirsi.

Con Hosono in particolare inizierà un rapporto quotidiano di confidenza: Shibata la accompagna in lunghe passeggiate notturne per far addormentare l’irrequieta bambina appena nata. I pianti della figlia sono motivo di discussione con il marito, che Hosono rivela essere ormai quasi un estraneo per lei. Le difficoltà che deve sopportare, purtroppo, le vive da sola, anche per via del completo disinteresse del marito, allontanatosi dopo la nascita della piccola e relegando tutte le responsabilità sulle spalle della madre.

Nella seconda parte del libro, inoltre, Yagi si focalizza su come la società sia ancora indietro sulla questione lavorativa: le donne continuano a percepire uno stipendio più basso rispetto ai loro compagni, costringendole spesso a lasciare il lavoro quando decidono di avere figli, oltre al successivo disinteresse degli uomini nel ruolo di padre, raremente assentandosi da lavoro per aiutare le neo-madri.

 

 

L’autrice, in un lungo dialogo interiore immaginario fra Shibata e la Vergine Maria, si sofferma sul destino avverso della donna nella società patriarcale e di come le difficoltà si presenteranno a prescindere dal percorso di vita scelto.

Per chi partorisce è un inferno, per chi non partorisce è un inferno: che razza di mondo è mai questo? Eppure sono passati più di duemila anni!

Il vero elemento “geniale” del romanzo è quando l’autrice porta la bugia di Shibata a un livello ancora più bizzarro, ingannando persino il lettore. Se all’inizio era anch’egli complice della menzogna raccontata, man mano che la gravidanza della protagonista avanza, diversi indizi portano a supporre che in realtà sia effettivamente vera, senza dare mai una risposta chiara e diretta. Forse Shibata diventa alla fine vittima di sé stessa, portandoci a un finale d’impatto che sovverte le aspettative.

Si tratta di un libro dalla storia originale e divertente, ma che, allo stesso tempo, propone una profonda analisi della società giapponese, sul ruolo combattuto della donna e delle profonde ingiustizie che deve affrontare. Il messaggio è sicuramente di speranza: il fatto che Shibata sia davvero incinta o meno diventa irrilevante; l’importante è abbandonare il vuoto che permea la nostra vita e avere il coraggio di  iniziarne una nuova.