Harajuku: La rivoluzione dello street style giapponese

Harajuku: La rivoluzione dello street style giapponese

di Maya Anidriti

Situato nel cuore di Tōkyō, il quartiere di Harajuku (原宿) è diventato il punto di riferimento mondiale per lo street fashion e l’individualità sfrenata. Da Shibuya a Takeshita Street, Harajuku emana un’energia unica e un fascino irresistibile che ha catturato addirittura l’attenzione di stilisti e artisti di tutto il mondo. Da elaborate e appariscenti acconciature a capi di abbigliamento stravaganti, la moda di Harajuku è molto più di un semplice stile; è un fenomeno culturale che ha trasformato il concetto stesso di moda e di espressione della propria individualità.

Harajuku è la fermata tra Shibuya e Shinjuku sulla linea JR Yamanote che attraversa l’area più centrale di Tokyo. L’area è conosciuta in tutto il mondo come l’origine dello stile kawaii, popolarizzata all’estero anche grazie al brano Harajuku Girls di Gwen Stefani. La cantante, infatti, aveva dedicato la sua canzone alle ballerine giapponesi e nippo-americane che la accompagnarono nel tour dell’album Love, Angel, Music and Baby. Nel 2009, decise inoltre di lanciare una collezione di fragranze ispirata alle sottoculture di Harajuku chiamata Harajuku Lovers. Ma non è la sola pop star euroamericana ad aver ‘adottato’ questo particolare quartiere: anche Nicki Minaj si è auto-definita una “Harajuku Barbie”, ispirandosi nello stile dei primi album alle mode kawaii del quartiere giapponese.

Con la costruzione della stazione ferroviaria di Harajuku nel 1906 il quartiere iniziò nell’arco del tempo ad attrarre una popolazione più benestante che lo rese sempre di più una zona residenziale di lusso. Con la seconda guerra mondiale il quartiere subì forti cambiamenti per via dell’occupazione americana che portò anche a un’influenza culturale riscontrabile tuttora. Dagli anni Cinquanta agli anni Sessanta, il quartiere inizia ad assumere la sua fama di centro della moda. Infatti a Takeshita Street nacquero proprio in questo periodo svariati negozi indipendenti e boutique di moda che attirarono un numero sempre crescente di giovani e turisti. Negli anni Settanta, Takeshita street consolida la sua posizione di centro delle mode giovanili con i takenoko-zoku, gruppi di giovani dai vestiti eccentrici che si esibivano.

Dai takenoko-zoku fino ad oggi si sono formati in totale tredici stili di abbigliamento raggruppabili in cinque tipologie distinte. Per esempio i giovani che vestono stili più tendenti al dark e gotico si trovano generalmente a LaForet, un centro commerciale famoso per la varietà di boutique di moda alternativa. Infine per gli amanti dello stile kawaii, Kiddy Land è il negozio perfetto dato che offre una vasta gamma di giocattoli e gadget tutti in stile kawaii.

Primo per fama all’estero è sicuramente lo stile lolita: uno stile di abbigliamento ispirato alla moda vittoriana e rococò che ha iniziato a diffondersi dagli anni Ottanta. E’ facile trovare le lolita a Takeshita street per via dei negozi di accessori e di abbigliamento economico. Solitamente portano fra i capelli un fiocco o cerchietto decorato e indossano un vestito dalla ampia gonna a campana sovrapponendoci una blusa che può avere un ulteriore fiocco sulla scollatura. Tipiche di questo stile sono inoltre le calze che arrivano al ginocchio, dai colori più semplici a quelli più appariscenti, talvolta decorate di pizzo o con ulteriori fiocchi. In base alla sottotipologia di lolita poi possono variare i modelli e i colori degli indumenti, andando dai classici toni del rosa a quelli più gotici del viola scuro o nero.

Sotto questa grande categoria ricadono anche le mori girl (in giapponese 森ガール), ovvero le ragazze della foresta – che si ispirano alla natura in modo delicato ed etereo. Non a caso si vestono con tessuti morbidi e naturali, come il cotone, il lino e la lana, preferendo tonalità neutre e terrose come il marrone, il beige, il verde oliva o il grigio. I capi sono spesso caratterizzati da linee semplici e silhouette fluide, con dettagli dal taglio romantico come pizzi, merletti e ricami. Gli accessori includono spesso elementi naturali come fiori, foglie, piume e gioielli in legno o pietre semipreziose. Nel complesso, lo stile mori girls è associato a un senso di tranquillità, nostalgia e connessione con la natura.

Diametralmente opposto allo stile lolita classico ma altrettanto elaborato è il visual kei  (ヴィジュアル系), che ha le sue origini in un sottogenere musicale tipico degli anni Ottanta, quando in Giappone cominciano a formarsi gruppi ispirati al glam rock euroamericano e a personaggi unici come David Bowie e i Queen. Lo stile si è progressivamente definito fino agli anni Novanta – ovvero quando è stato effettivamente coniato il termine che, tuttavia, perde il legame con il genere musicale e si riferisce sempre più spesso alle performance stravaganti e all’aspetto androgino e teatrale degli artisti.

Tipici infatti del visual kei sono i lunghi capelli cotonati e colorati di colori vivaci, oltre a un make-up particolare che con l’uso del bianco e di uno spesso eyeliner scuro ricorda un po’ lo stile goth degli anni Ottanta. Gli abiti tendono ad essere monocromatici, tendenzialmente scuri, spesso con buchi e strappi, ma nonostante i singoli elementi possano sembrare trasandati nel complesso il look mantiene un aspetto pulito e curato. Il visual kei si divide poi in diverse sottocorrenti, divise in base alle peculiarità dello stile e talvolta della proposta musicale che le accompagna. In generale i giovani dallo stile più dark o gotico come il visual kei o il Gothic Lolita sono soliti frequentare il centro commerciale LaForet, famoso per la varietà di boutique di moda alternativa.

Un altro stile meno conosciuto è il bōsōzoku (暴走族, letteralmente “Tribù della velocità sfrenata”). Lo stile nacque come movimento controculturale originario del Giappone, particolarmente diffuso negli anni Settanta e Ottanta, associato principalmente ai giovani che guidavano motociclette e auto personalizzate, spesso caratterizzate da modifiche estreme e colori sgargianti. Chi ha visto l’anime Tokyo Revengers sa già di cosa si tratta, infatti i bōsōzoku erano noti per il loro comportamento indisciplinato, per le marce rumorose e appariscenti per le strade giapponesi, spesso provocatori e sfidanti nei confronti delle autorità.

Spesso facevano parte di bande o gruppi organizzati che si identificavano attraverso le loro personalizzazioni dei veicoli e il loro stile di guida. Complessivamente, lo stile bōsōzoku si distingue per la sua audacia, la sua personalizzazione estrema e il suo atteggiamento ribelle, che si riflettono sia nell’abbigliamento che nei comportamenti dei suoi adepti. Gli elementi caratteristici dello stile sono: giacche in pelle da moto personalizzate, pantaloni lunghi in tessuti resistenti, stivali o scarpe da ginnastica alte, accessori appariscenti come occhiali da sole, guanti in pelle o cinture dalle grosse fibbie. Sebbene i bōsōzoku abbiano avuto origine come un fenomeno giovanile legato alla cultura delle auto e delle motociclette, oggi non sono visti di buon occhio a causa dei loro atteggiamenti fastidiosi e poiché associati all’illegalità e alla delinquenza.

Lo stile gyaru (ギャル) è un movimento di moda giapponese che ha avuto origine negli anni Novanta e si riferisce a ragazze giovani e alla moda che si identificano con uno stile di vita glamour e vivace. Le gyaru indossano spesso abiti colorati, aderenti e adornati con dettagli vistosi come strass, paillettes e stampe accattivanti. Gli abiti possono includere vestiti corti, gonne aderenti, pantaloni a zampa d’elefante e top scollati. Il trucco è un elemento distintivo, incentrato molto sull’evidenziare gli occhi. Infatti le gyaru solitamente indossano eyeliner spesso, ciglia finte, ombretti colorati e rossetti vivaci. I capelli possono essere tinti in colori accesi, tagliati in stili audaci o arricciati e voluminosi. Un’altra caratteristica distintiva dello stile gyaru è la pelle abbronzata, tramite l’utilizzo di autoabbronzanti o visitando i solarium.

Sotto l’ultima categoria, infine, ricadono tutti quegli stili definiti colourful come il decora (デコラ) e il fairy kei (フェアリー系). In particolare il primo è diventato un’icona della moda giovanile giapponese ed è amato da molti per la sua gioia, il suo ottimismo e la sua originalità. Il termine deriva dalla parola inglese “decorate” (decorare), e il suo principio fondamentale è di utilizzare molti accessori e decorazioni per i look. Lo stile, infatti, è caratterizzato dall’accostamento di svariati colori e fantasie oltre che a un largo uso di accessori come pizzi, collane, fiocchi, calze a righe e borse eccentriche. Il make-up è un altro aspetto importante dello stile decora, caratterizzato da colori brillanti sugli occhi e sulle labbra, e da adesivi o glitter sul viso; la caratteristica principale è la libertà creativa: infatti non ci sono regole rigide da seguire, quindi le persone sono libere di esprimere la propria individualità attraverso l’abbigliamento e gli accessori come meglio credono.

La street fashion di Harajuku è decisamente varia e ricca di stili. Oggi la zona rappresenta libertà, originalità e individualità, oltre che un luogo dove poter esprimere le proprie critiche alla società attraverso il proprio vestiario. La grande fama del quartiere ha attirato un grande flusso turistico che ha permesso una maggiore diversificazione dei negozi non solo di moda alternativa ma anche dei brand internazionali. Tuttavia questo ha comportato anche una perdita dell’unicità e della autenticità di certi luoghi. Inoltre la grande massa di turisti ha reso Takeshita Street e altri luoghi estremamente affollati tanto da impedire ai turisti e ai locali di godersi l’esperienza. Infine, il grande successo dal punto di vista commerciale, ha comportato un aumento degli affitti che rende difficile ai piccoli negozi indipendenti di sopravvivere. Molti infatti sono stati rimpiazzati da grandi marchi, modificando l’atmosfera iniziale.

Il quartiere continua ad essere un ambiente vario, dinamico e iconico, ma sta sicuramente attraversando un periodo di cambiamento per via del turismo sfrenato e cercando un equilibrio per mantenere la propria unicità senza perdere il turismo globale.