City Hunter di Hōjō Tsukasa: dentro Kabukichō, tra vita notturna e divertimento

City Hunter di Hōjō Tsukasa: dentro Kabukichō, tra vita notturna e divertimento

Gli anni ’80 sono stati un periodo d’oro per Weekly Shōnen Jump. In quel decennio, la celebre rivista per ragazzi ha pubblicato serie che hanno fatto la storia del fumetto giapponese mainstream, diventando veri e propri classici imprescindibili per ogni appassionato e influenzando profondamente lo stile dei futuri autori shonen.

Tra questi manga cult, uno dei più noti al pubblico italiano è senza dubbio City Hunter, nato dalla penna di Hōjō Tsukasa, noto mangaka e mentore di Inoue Takehiko, autore di Slam Dunk e Vagabond, che ha fatto parte del suo staff durante la realizzazione di City Hunter. Tsukasa, reduce dalla popolarità della sua opera prima Cat’s Eye – Occhi di Gatto, inizia la serializzazione di City Hunter sulla rivista Shōnen Jump nel 1985 e arriva in Italia tramite l’editore Star Comics nel 1996. 

Il grande successo del manga porta alla creazione di una serie animata trasmessa in Giappone a partire dal 1987, per poi arrivare in Italia, grazie a Mediaset, dieci anni dopo su Italia7 e negli anni sono stati fatti vari film, OAV e special, che hanno contribuito a rinnovare il successo di questa serie.

La trama segue le vicende della coppia Saeba Ryo e Makimura Kaori, due detective noti come City Hunter, un duo che agisce nell’ombra che può essere assoldato come investigatore privato, guardia del corpo o killer professionista. Lasciando come messaggio la scritta XYZ su una lavagna nella stazione di Shinjuku, chiunque può contattarli e chiedere il loro aiuto.

Ryo si definisce uno sweeper, un mercenario della malavita, è doppiato in originale da Kamiya Akira, famoso per aver prestato la voce a Kenshiro, protagonista del manga e anime Ken il guerriero. Tiratore infallibile, un esperto nel combattimento corpo a corpo e un eccellente pilota, possiede riflessi straordinari e un intuito sopraffino, grazie al quale riesce a percepire e prevedere un immediato pericolo.

Il suo passato è avvolto nel mistero, lui stesso non conosce le sue origini e nemmeno la sua vera età. Sa solo che, da bambino, è sopravvissuto a un incidente aereo nell’America Centrale in cui morirono i suoi genitori e da quel momento in poi verrà cresciuto come guerrigliero dal suo padre adottivo.

La serie si distingue per il fascino dei suoi casi, che spaziano tra il noir e il poliziesco, richiamando una tradizione letteraria, cinematografica e televisiva, ambientati in una Shinjuku piena di luci e sempre in movimento, ma più nello specifico nel distretto a luci rosse di Kabukichō. Le clienti sono spesso donne, rievocando l’archetipo della femme fatale del genere.

Un altro punto di forza è la chimica tra i protagonisti, una delle coppie più amate nella storia degli shōnen. Ryo con il suo comportamento da playboy aggiunge elementi ecchi che Kaori è sempre pronta a punire con il celebre martellone dal peso astronomico da 100 o 250 tonnellate.

Inoltre, la storia dei protagonisti è arricchita dalle scene d’azione, con una regia ispirata alle spy story, che mettono in risalto la mira infallibile di Ryo, mescolando toni leggeri con una sottile drammaticità, tipica di questo genere. La maggior parte delle avventure in City Hunter sono ambientate nel più grande distretto a luci rosse di Tokyo, Kabukichō, che durante il giorno potrebbe sembrare un quartiere come tanti altri, ma che rivela la sua natura soltanto al calare della notte: migliaia di luci e musiche ad alto volume che provengono da ogni sorta di locale.

Dal 1872, quinto anno dell’epoca Meiji, quando in Giappone furono revocate le leggi che regolavano i rapporti con le geishe e le prostitute, Kabukichō divenne il principale distretto a luci rosse della città di Tokyo. Il quartiere fu completamente distrutto dai bombardamenti e, nella fase di ricostruzione, si cercò di rinnovare la sua immagine trasferendo qui il teatro Kabuki-za di Ginza, anch’esso distrutto da un incendio. Tuttavia, il progetto non fu mai realizzato, lasciando al quartiere solo il nome legato al teatro.

Ragazzi noti come host offrono la loro compagnia in questo quartiere davanti a costosi drink, poi si trovano love hotel, sale pachinko, karaoke, kyabakura (club cabaret) e soap lands, bordelli celati come bagni pubblici in cui la prostituzione è nascosta in piena vista. Tutto questo giro di affari è discretamente gestito dalla yakuza, che occupandosi anche della sicurezza all’interno del quartiere, evita di attrarre troppo l’attenzione. L’ingresso di Kabukichō è caratterizzato da una grande insegna al neon che riporta il nome del quartiere in caratteri kanji 歌舞伎町. Si tratta di un simbolo iconico che appare in City Hunter, così come in numerose altre opere ambientate a Tokyo. Oltre all’insegna, un’altra attrazione è la gigantesca testa di Godzilla che spunta dal tetto dell’Hotel Gracery Shinjuku, diventata uno dei punti di riferimento più noti di Shinjuku. 

Un quartiere stravagante e pieno di vita che fa da ambientazione perfetta a City Hunter, con la sua atmosfera vivace e caotica, è lo scenario ideale per storie crime e ricche di mistero. Un cult di vecchio stampo, una pietra miliare che ha definito un genere e affascina ancora oggi ragazzi da tutto il mondo grazie a un mix perfetto di azione, humor ed avventura che ha come sfondo una Tokyo viva e sempre in movimento. Un’opera consigliata a chiunque voglia riscoprire un vecchio classico, o più semplicemente, per chi è alla ricerca di una storia divertente e che sappia intrattenere.